5 resultados para Swine -- Feeding and feeds

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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La cippatura è un processo produttivo fondamentale nella trasformazione della materia prima forestale in biomassa combustibile che coinvolgerà un numero sempre più crescente di operatori. Scopo dello studio è stato quantificare la produttività e il consumo di combustibile in 16 cantieri di cippatura e determinare i livelli di esposizione alla polvere di legno degli addetti alla cippatura, in funzione di condizioni operative differenti. Sono state identificate due tipologie di cantiere: uno industriale, con cippatrici di grossa taglia (300-400kW) dotate di cabina, e uno semi-industriale con cippatrici di piccola-media taglia (100-150kW) prive di cabina. In tutti i cantieri sono stati misurati i tempi di lavoro, i consumi di combustibile, l’esposizione alla polvere di legno e sono stati raccolti dei campioni di cippato per l’analisi qualitativa. Il cantiere industriale ha raggiunto una produttività media oraria di 25 Mg tal quali, ed è risultato 5 volte più produttivo di quello semi-industriale, che ha raggiunto una produttività media oraria di 5 Mg. Ipotizzando un utilizzo massimo annuo di 1500 ore, il cantiere semi-industriale raggiunge una produzione annua di 7.410 Mg, mentre quello industriale di 37.605 Mg. Il consumo specifico di gasolio (L per Mg di cippato) è risultato molto minore per il cantiere industriale, che consuma in media quasi la metà di quello semi-industriale. Riguardo all’esposizione degli operatori alla polvere di legno, tutti i campioni hanno riportato valori di esposizione inferiori a 5 mg/m3 (limite di legge previsto dal D.Lgs. 81/08). Nei cantieri semi-industriali il valore medio di esposizione è risultato di 1,35 mg/m3, con un valore massimo di 3,66 mg/m3. Nei cantieri industriali si è riscontrato che la cabina riduce drasticamente l’esposizione alle polveri di legno. I valori medi misurati all’esterno della cabina sono stati di 0,90 mg/m3 mentre quelli all’interno della cabina sono risultati pari a 0,20 mg/m3.

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In questa tesi sono illustrate alcune sperimentazioni finalizzate alla standardizzazione del ciclo produttivo della sogliola comune (Solea solea) in cattività. E’ stato creato un parco di riproduttori selvatici ed è stata standardizzata la riproduzione ad un livello compatibile con la realtà produttiva del settore. Indagini genetiche di assegnazione parentale hanno evidenziato come alcuni esemplari siano stati predominanti negli accoppiamenti e nel conseguente contributo alla generazione della prole. Ciò ha determinato una diminuzione della variabilità genetica dei discendenti. La composizione quali-quantitativa degli acidi grassi delle uova è stata correlata con la sopravvivenza larvale nel corso di un’intera stagione riproduttiva. Tale composizione non ha subito importanti variazioni su scala temporale e sembra essere stata influenzata dall’alimentazione somministrata ai riproduttori nel periodo precedente alla riproduzione. Le analisi di interazione tra momento riproduttivo e qualità delle uova hanno confermato che è stato possibile ottenere uova di buona qualità in termini di sopravvivenza larvale nel corso di tutta la stagione riproduttiva. Larve di sogliola sono state svezzate precocemente 13 giorni dopo la schiusa riducendo l’impiego di cibo vivo a favore di micro diete commerciali. Tale svezzamento ha ridotto le performance di accrescimento, ma non la sopravvivenza e lo sviluppo della metamorfosi quando comparati ad un trattamento standard. La riduzione del cibo vivo ha ottimizzato i costi di produzione e migliorato l’igiene in vasca. L’ontogenesi di precursori di enzimi digestivi è stata determinata tramite PCR quantitativa. I risultati di espressione di tripsinogeno, chimotripsinogeno e amilasi hanno mostrato come tali enzimi rivestano un ruolo chiave nei processi digestivi delle prime fasi larvali. Esemplari giovanili hanno ottenuto un significativo maggiore indice di accrescimento e migliore indice di conversione quando alimentati con diete sperimentali contenenti un elevato tenore proteico. Un aumento dell’incidenza di vacuoli lipidici a livello epatico è stato osservato all’aumentare del tenore proteico della dieta.

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L'epatite E è una malattia umana con caratteristiche di epatite acuta, causata da un ssRNA virus (HEV). Nel 1997, HEV è stato identificato per la prima volta nei suini (SwHEV). In seguito, diverse evidenze, tra cui la vicinanza genetica tra ceppi umani e suini, suggerirono la trasmissione zoonotica del virus. Nella presente tesi, l’identificazione di SwHEV è stata condotta mediante ricerca di porzioni di genoma virale attraverso RT-PCR. Dal 2011 al 2013, sono stati analizzati 343 campioni fecali (da 19 allevamenti) e 70 bili (da 2 macelli) prelevati da altrettanti suini, in diverse Regioni italiane. E’ stato inoltre condotto uno studio retrospettivo su 78 feci (da 3 allevamenti) raccolte nel 2000. Il virus è stato identificato nel 24,5% e 19,2% delle feci raccolte rispettivamente nel 2011-2013 e nel 2000. Nessuna bile è risultata positiva. Mediante sequenziamento del genoma intero di uno dei virus identificati, è stata condotta l’analisi filogenetica per valutarne il grado di correlazione con alti ceppi suini e umani. La presenza di HEV è stata valutata lungo la filiera di produzione suina, dal macello al punto vendita. Trentaquattro campioni di feci, fegato e muscolo sono stati raccolti in un macello da altrettanti suini sani (età:6-7 mesi). Quattordici feci e 2 fegati, sono risultati positivi per HEV. Sono state prelevate 129 salsicce sia allo stabilimento di trasformazione sia alla vendita, ma nessuna è risultata positiva. La presenza di HEV è stata valutata anche nelle salsicce di fegato, fresche e secche, acquistate presso una macelleria. Il genoma virale è stato rilevato nel 22,2% delle salsicce fresche e nel 4,3 % di quelle secche ma la vitalità del virus non è stata dimostrata. In conclusione, lo studio condotto ha confermato l’ampia circolazione di HEV nei suini e la possibile contaminazione dei prodotti carnei derivati, confermando la necessità di una continua sorveglianza.

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Mycotoxins are contaminants of agricultural products both in the field and during storage and can enter the food chain through contaminated cereals and foods (milk, meat, and eggs) obtained from animals fed mycotoxin contaminated feeds. Mycotoxins are genotoxic carcinogens that cause health and economic problems. Ochratoxin A and fumonisin B1 have been classified by the International Agency for Research on Cancer in 1993, as “possibly carcinogenic to humans” (class 2B). To control mycotoxins induced damages, different strategies have been developed to reduce the growth of mycotoxigenic fungi as well as to decontaminate and/or detoxify mycotoxin contaminated foods and animal feeds. Critical points, target for these strategies, are: prevention of mycotoxin contamination, detoxification of mycotoxins already present in food and feed, inhibition of mycotoxin absorption in the gastrointestinal tract, reduce mycotoxin induced damages when absorption occurs. Decontamination processes, as indicate by FAO, needs the following requisites to reduce toxic and economic impact of mycotoxins: it must destroy, inactivate, or remove mycotoxins; it must not produce or leave toxic and/or carcinogenic/mutagenic residues in the final products or in food products obtained from animals fed decontaminated feed; it must be capable of destroying fungal spores and mycelium in order to avoiding mycotoxin formation under favorable conditions; it should not adversely affect desirable physical and sensory properties of the feedstuff; it has to be technically and economically feasible. One important approach to the prevention of mycotoxicosis in livestock is the addition in the diets of the non-nutritionally adsorbents that bind mycotoxins preventing the absorption in the gastrointestinal tract. Activated carbons, hydrated sodium calcium aluminosilicate (HSCAS), zeolites, bentonites, and certain clays, are the most studied adsorbent and they possess a high affinity for mycotoxins. In recent years, there has been increasing interest on the hypothesis that the absorption in consumed food can be inhibited by microorganisms in the gastrointestinal tract. Numerous investigators showed that some dairy strains of LAB and bifidobacteria were able to bind aflatoxins effectively. There is a strong need for prevention of the mycotoxin-induced damages once the toxin is ingested. Nutritional approaches, such as supplementation of nutrients, food components, or additives with protective effects against mycotoxin toxicity are assuming increasing interest. Since mycotoxins have been known to produce damages by increasing oxidative stress, the protective properties of antioxidant substances have been extensively investigated. Purpose of the present study was to investigate in vitro and in vivo, strategies to counteract mycotoxin threat particularly in swine husbandry. The Ussing chambers technique was applied in the present study that for the first time to investigate in vitro the permeability of OTA and FB1 through rat intestinal mucosa. Results showed that OTA and FB1 were not absorbed from rat small intestine mucosa. Since in vivo absorption of both mycotoxins normally occurs, it is evident that in these experimental conditions Ussing diffusion chambers were not able to assess the intestinal permeability of OTA and FB1. A large number of LAB strains isolated from feces and different gastrointestinal tract regions of pigs and poultry were screened for their ability to remove OTA, FB1, and DON from bacterial medium. Results of this in vitro study showed low efficacy of isolated LAB strains to reduce OTA, FB1, and DON from bacterial medium. An in vivo trial in rats was performed to evaluate the effects of in-feed supplementation of a LAB strain, Pediococcus pentosaceus FBB61, to counteract the toxic effects induced by exposure to OTA contaminated diets. The study allows to conclude that feed supplementation with P. pentosaceus FBB61 ameliorates the oxidative status in liver, and lowers OTA induced oxidative damage in liver and kidney if diet was contaminated by OTA. This P. pentosaceus FBB61 feature joined to its bactericidal activity against Gram positive bacteria and its ability to modulate gut microflora balance in pigs, encourage additional in vivo experiments in order to better understand the potential role of P. pentosaceus FBB61 as probiotic for farm animals and humans. In the present study, in vivo trial on weaned piglets fed FB1 allow to conclude that feeding of 7.32 ppm of FB1 for 6 weeks did not impair growth performance. Deoxynivalenol contamination of feeds was evaluated in an in vivo trial on weaned piglets. The comparison between growth parameters of piglets fed DON contaminated diet and contaminated diet supplemented with the commercial product did not reach the significance level but piglet growth performances were numerically improved when the commercial product was added to DON contaminated diet. Further studies are needed to improve knowledge on mycotoxins intestinal absorption, mechanism for their detoxification in feeds and foods, and nutritional strategies to reduce mycotoxins induced damages in animals and humans. The multifactorial approach acting on each of the various steps could be a promising strategy to counteract mycotoxins damages.

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The present dissertation collects the results of three different research trials which have the common aim to understand the effects of swine welfare (both at farm level and during transport) on the main fresh and dry-cured meat characteristics. The first trial was carried out in order to compare the effects of illumination regimes differing in light duration or light intensity on meat and ham quality of Italian heavy pigs. The results of this trial support the conclusion that, within a moderate range of light intensity and given an appropriate dark period for animal rest, an increase of light duration or intensity above the minimum mandatory levels has no negative impact on carcass composition, meat or long-cured hams quality. The second trial was designed with the aim to investigate the effects of water restriction on growth traits, animal welfare and meat and ham quality of liquid-fed heavy pigs. Overall, the parameters analyzed as concerns growth rate, behavioural traits, blood, as well as carcass, fresh meat and cured hams quality were not affected by the absence of fresh drinking water. However, since liquid feeding did not suppress drinker use or drinker manipulation in the experimental groups, water restriction does not appear to be an applicable method to obtain a reduction of water waste. The third trial, which was carried out in Canada, tested the effectiveness of water sprinkling market-weight pigs (115±10Kg BW) before and after transport in reducing the heat stress experienced under commercial transport conditions. Our results show that the water sprinkling protocol proposed may reduce heat stress during transport and improve pork quality, particularly in specific trailer compartments. This body of research supports the general conclusion that swine welfare could be improved in different scenarios through simple and cost-effective means, without negatively affecting the quality of the main animal-derived products.